MATTEO BELLI in “Bononia Ridens”

Domenica 16 Agosto, Giardino di Villa Garzoni – Collodi
alle 22:15





Una breve galleria del buon umore composta da quattro brani originali scritti e interpretati da Matteo Belli, che tracciano una sintesi del tributo offerto al gusto petroniano per la risata, che l’attore e autore bolognese ha sviluppato nel corso degli anni. Dopo “Il maiale rabdomante”, riscrittura di una novella medioevale di Franco Sacchetti, tratta dal “Trecentonovelle” (celebre silloge di racconti del XIV secolo), si passa a “Una storia vera”, racconto grottesco dei nostri tempi, dai toni surreali, incredibilmente originato da un fatto realmente accaduto.

Tra i monologhi più replicati vi è indubbiamente l’omaggio alla tecnica onomatopeica del grammelot, dal titolo “Al turtléin in the world”, dedicato alla ricetta del tortellino in chiave prima originale, poi tradotta da cuochi e cuoche di tutto il mondo. Al finale è invece affidato il racconto di una partita di calcio nella fantasmagorica lingua maccheronico-balbuziente di “Oscar Merighi”, personaggio di pura invenzione, ma recuperato da un patrimonio d’incontri tanto reali, da sembrare talvolta onirici.

Se a Bologna l’amore è più celebrato del sacro, come dice Giovanni Di Virgilio, contemporaneo di Dante, nella sua descrizione di un Ballo tenutosi davanti a S.Giovanni in Monte, un giorno di festa della prima metà del 1300, il tema della passione è sicuramente il filo rosso più riconoscibile nel legare i differenti monologhi ispirati all’espressione di un profondo realismo (genetico della cultura bolognese ed emiliana) che, grazie alle sue qualità più immaginifiche, cerca di evitare l’appiattimento televisivo su modelli improntati all’attualità più spicciola della cronaca quotidiana.

L’erotismo nella sua più libera declinazione, l’impegno politico, il cibo e il tifo calcistico (esemplare di una vitalità intesa in senso ben più ampio), sono alcuni dei temi popolari che tessono la trama di un piccolo telaio scenico, allestito in nome di un’idea di teatro, vissuto come luogo capace di unire il particolare all’universale e ogni essere umano che sia ancora disposto a riconoscersi come simile, nella sua più antica qualità di “homo ridens”.